I Fondi strutturali rappresentano la fetta più grossa dei finanziamenti comunitari, ma non vengono erogati direttamente dalla Commissione ai diretti beneficiari. Al contrario, vengono assegnati agli Stati e alle Regioni dopo una lunga fase di negoziazione e un lungo iter procedurale.
In Italia, i principali Fondi strutturali sono organizzati in Programmi Operativi Nazionali (PON) o Regionali (POR), oltre ai programmi transfrontalieri e interregionali (i vari INTERREG e simili). I Programmi Operativi sono poi solitamente distinti per ciascun Fondo strutturale. Avremo quindi per ogni regione un POR per il Fondo Sociale Europeo (FSE), un POR per il Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (FESR) e un POR per il Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR). In realtà, l’eccessiva proliferazione dei programmi operativi è stato oggetto di critica da parte della Commissione EU, e per la programmazione 2014/2020 i Ministeri e alcune Regioni hanno proposto dei programmi integrati FSE/FESR.
A loro volta Regioni e Ministeri possono sia emettere avvisi per assegnare direttamente le risorse a disposizione, sia affidarle ad altri “organismi intermedi” che a loro volta emetteranno bandi su misure specifiche. Per cercare una lettura d’insieme di tutti i POR e PON è necessario visitare il sito dell’Agenzia per la Coesione Territoriale oppure la pagina ufficiale EU sulla politica regionale (che a differenza della prima, elenca anche tutti gli Interreg che coinvolgono l'Italia).
Sempre in relazione ai fondi strutturali è importante sapere che le risorse non sono distribuite uniformemente in tutta Italia; la maggior parte è allocata nelle cosiddette regioni dell’Obiettivo convergenza, ovvero in quelle regioni in cui il PIL procapite è inferiore al 75% della media EU. In Italia stiamo parlando di Campania, Calabria, Basilicata, Puglia e Sicilia. A queste si aggiungono le “Regioni in transizione”: Molise, Abruzzo e Sardegna.
Alcune cifre per dare un’idea della distribuzione fra le varie regioni:
- 22,2 miliardi sono destinati alle regioni meno sviluppate (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia);
- 1,3 miliardi di EUR sono destinati alle regioni in transizione (Sardegna, Abruzzo e Molise);
- 7,6 miliardi di EUR sono destinati alle regioni più sviluppate (Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Provincia di Bolzano, Provincia di Trento, Friuli Venezia-Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria e Lazio);
- 1,1 miliardi di EUR sono destinati alla Cooperazione territoriale europea (cioè ai programmi transfrontalieri e marittimi che coinvolgono regioni di stati confinanti);
- 567,5 milioni di EUR sono destinati all’Iniziativa a favore dell’occupazione giovanile (il programma Garanzia Giovani, presente in tutta Italia).
Tutte cose molto interessanti, ma un'azienda come può accedere a questi finanziamenti? Non esiste purtroppo un'unica strada da percorrere, perché tutte queste risorse vengono impiegate in maniera completamente differente a seconda degli obiettivi da raggiungere e dell'area geografica di riferimento.
Per esempio, una Regione potrebbe impiegare le proprie risorse FESR per erogare direttamente contributi alle aziende che fanno un certo tipo di investimento tecnologico, mentre la Regione confinante potrebbe impiegare le stesse risorse investendole invece in infrastrutture tecnologiche. Un esempio semplice: la prima potrebbe dare un contributo a fondo perduto per le aziende che acquistano servizi o materiali per la banda larga, mentre la seconda potrebbe fare un appalto unico per portare la banda larga alle zone non ancora coperte.
È quindi necessario seguire i siti istituzionali della propria Regione di appartenenza, magari anche iscrivendosi ai servizi di newsletter esistenti. I professionisti del settore tendono a studiarsi in dettaglio i vari Programmi Operativi per capire in anticipo quali saranno i futuri settori di investimento. Per esempio, leggendo le singole misure previste da un POR del FESR possiamo capire se le risorse previste per le energie rinnovabili saranno destinate all'autoproduzione civile o industriale, oppure se saranno riservate solo al fotovoltaico e al risparmio energetico e non all'idroelettrico. I Programmi Operativi inoltre sono suscettibili a modifiche in corso d'opera, ma solo attraverso procedure lunghe e, comunque, attraverso pressioni settoriali o geografiche, non certo per soddisfare le aspettative di un singolo imprenditore.